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3° Raduno Ufficiale “Sulle strade del ducato di Parma” 25 Aprile 2008

Vi presentiamo il programma del 3° Raduno Ufficiale Z3roadster.it , il secondo di una serie di raduni che ci porteranno a visitare la nostra terra regione per regione, per assaporare e toccare con mano le varie realtà turistico gastronomiche di cui la nostra Italia tanto si può vantare.

Programma
Ore 9.15 Ritrovo presso il casello di PARMA OVEST (PONTETARO)

Ore 9.30 Partenza per FONTANELLATO

Ore 10:00 Visita al castello.

Ore 11:00 Partenza per la trattoria in località FOPLA attraversando la Val Ceno e la Val Pessola

Ore 12:30 – 13:00 Pranzo alla FOPLA

Ore 15:30 – 16:00 Partenza per SALA BAGANZA con percorso attraverso i BOSCHI DI CARREGA, foto di gruppo nel piazzale di fronte alla rocca.

A seguire, breve sosta presso il castello di FELINO, e trasferimento verso TORRECHIARA.

Ore 17:00, Visita al castello di TORRECHIARA.

Al termine, orientativamente verso le ore18-19, chiacchiere varie e saluti, con rientro in autostrada al casello di PARMA CENTRO.

Visita al castello di Fontanellato
Cenni storici
Fontanellato è posto nella pianura padana, a 100 km da Milano e a 100 km da Bologna, tra i torrenti Taro e Stirone.
La flora e la fauna di Fontanellato sono quelle tipiche della bassa. Dominano le coltivazioni apportate dalle trasformazioni, soprattutto recenti, delle colture agricole estensive di grano, mais e prodotti per l’industria conserviera.

Caratteristici habitat di particolari specie vegetali rimangono però ancora presso le risorgive, sorgenti naturali che emergono dal terreno e che determinano la creazione di microclimi. Tipica la produzione lattiero-casearia con il formaggio parmigiano-reggiano, noto per la sua qualità.
Nonostante gli interventi di ristrutturazione successiva – specie sotto l’aspetto della modificazione della decorazione delle facciate – la forma urbis del paese ha indubbiamente un carattere conservativo, e documenta gli ampliamenti che il centro dovette subire nel XVI secolo specialmente, in concomitanza con le ristrutturazioni della Rocca.

Del resto fu sempre cura dei Sanvitale conservare la tipologia urbana esistente, come dimostra una grida del 12 marzo 1606 del conte Alfonso Sanvitale che impone di non abbattere alcun edificio.
Della fine del secolo XVII e dell’inizio del XVIII è la pianta di Fontanellato inserita nella raccolta di disegni nota sotto il nome di Alessandro Spaccio (più che un disegnatore, un collezionista di rilievi planimetrici), conservata nella biblioteca Palatina di Parma (ms. parmense 3711), che mostra l’insediamento urbano svilupparsi a quadrato intorno al perimetro della Rocca.

Il castello infatti è il vero centro motore dell’urbanistica di Fontanellato, posto com’è nella posizione più elevata, con la corona di portici e di edifici che delimitano l’ampia piazza irregolare.
Il visitatore viene scoprendo quasi all’improvviso la Rocca di Fontanellato, percorrendo strette strade di impianto medioevale, dove si aprono minute botteghe sotto bassi portici dagli architravi in legno e dalle rustiche pilastrature. E appena s’intravvede l’isolato e solitario castello lo spazio, che prima appariva angusto e tortuoso sembra dilatarsi, espandersi in una vastità difficile da misurare. La Rocca, circondata da una grande fossato – “peschiera” non casualmente è detto nei documenti antichi – si presenta con un’eleganza aristocratica singolare, che la rende inconfondibile nel pur vario e ricco panorama di castelli, che dal Po alla montagna, punteggiano il territorio di Parma.

Il castello non ha perso nulla del fascino che gli deriva dall’esser stato una costruzione di difesa militare nei tempi ferrigni ed aspri del medioevo. La cinta esterna venne eretta, a partire dal torrione quadrato posto a nord – che in origine era molto più alto – probabilmente dopo il 1386 e completata su pianta quadrata prima della metà del ‘400.

Una corretta rilettura dell’edificio oggi è difficile, anche se, nel cortile, diverse sono le tracce di aperture e chiusure. Originaria, seppur restaurata, la quattrocentesca scala a volte che conduce alla loggia superiore, così come originario è il porticato che al piano terra si sviluppa sul lato nord-est.
Le finestre ogivali che si aprono su tre lati del cortile sono di gusto tardogotico.

La corte, se ricorda ancora la fortificazione, ha tuttavia nell’uso elegante del cotto, nella ricercatezza del doppio loggiato, una certa grazia signorile. Così tutta la Rocca di Fontanellato unisce il senso di forza e di compatta solidità propria delle costruzioni militari con una grazia, un po’ acerba, ma evidente, proprie di un’età signorile, che veniva scoprendo l’umanesimo e con esso i piaceri dell’intelligenza e del vivere
Si erge, incantevole, al centro del borgo, circondata da ampio fossato d”acqua, e racchiude, perla preziosa, uno dei capolavori del manierismo italiano, la saletta dipinta dal Parmigianino nel 1524 con il mito di Diana e Atteone. Ancora intatto è l’appartamento nobile dei Sanvitale, conti che la tennero sino al 1948, con mobili e suppellettili del Cinque, Sei e Settecento, i ritratti di diversi esponenti della famiglia, affreschi e quadri di Felice Boselli. E, come i castellani di un tempo, dalla “Camera ottica”, grazie ad un ingegnoso sistema di lenti e di prismi, si può ancora curiosare, stando segretamente nascosti, sulla vita della piazza.

Sulle strade del Valceno
I fiumi Ceno e Taro nascono sul Monte Penna al confine tra le province di Parma, Piacenza, Genova.
Tra monti dell’Appennino emiliano, che variano d’altezza dagli 800 ai 1200 metri, i due fiumi scorrono parallelamente creando le due valli Valceno e Valtaro.

A Fornovo si riuniscono e continuano il loro cammino come affluente del fiume Po.
Il fiume Ceno ha una lunghezza di circa 63 Km, una superficie del bacino imbrifero di 536,99 Kmq, un’altezza media di 741 m, un’altitudine massima del bacino di 1.799 m (monte Maggiorasca) e si innesta col fiume Taro a ovest di Fornovo, a 120 m d’altezza.
Nasce dal monte Penna che assieme ai monti Maggiorasca, Tomarlo, Bue, Nero e Ragola formano uno dei più grandi affioramenti ofioliti dell’Appenino settentrionale.

Da qui fino alla confluenza col fiume Taro riceve numerosi affluenti minori: Toncina, Lecca, Pessola, Cenedola; attraversando i comuni di : Bedonia, Bardi, Varsi, Solignano, Pellegrino Parmense e Varano dè Melegari (i comuni di Bedonia, Solignano e Pellegrino Parmense hanno il capoluogo in altre vallate).
La zona della valle del Ceno è ricca di testimonianze del suo passato medioevale rappresentato sopratutto dai numerosi castelli che si dispongono nei punti strategici per il controllo dell’accesso alla valle.
Numerose sono le antiche chiese nei piccoli centri abitati o disseminate lungo i sentieri che collegavano un tempo le più solitarie frazioni. Dal punto di vista naturalistico la valle presenta zona di natura incontaminata accanto a zone in cui la discreta presenza dell’uomo ha segnato l’aspetto del paesaggio.

Roccalanzona
Si hanno notizie del castello di Roccalanzona da un documento riportato dal Campi. Il 4 luglio 1028 la nobile Ildegarda, di origini longobarde, vende al rettore della chiesa piacentina di Pederna diverse terre e castelli tra cui Roccalanzona. Notizie certe si hanno del suo passaggio a Pier Maria Rossi che lo ribattezzò “Rocha Leone”. Questo castello sostenne, senza cedimenti, gli assedi di Lodovico il Moro e dei suoi alleati Pallavicino. Nel 1464 passa a Bertrando Rossi, in seguito a Troilo Rossi e, nel XVII secolo a Scipione che cede il patrimonio alla Camera ducale farnesiana. Già nella seconda metà del ‘600 Roccalanzona era in rovina. Il Molossi nel suo “Dizionario Topografio degli Stati Parmensi”, sec. XIX, scriveva che il castello era “ormai ruinato”, ed oggi rimangono ben pochi resti. “Rocha Leone” appare nell’affresco quattrocentesco di Benedetto Bembo nel castello di Torrechiara.

Trattoria La Fopla
Alla Trattoria La Fopla, nel verde della Val Pessola, in un locale elegante ed accogliente, Gelsomina propone la genuina cucina casalinga della sua terra: paste fatte in casa, cinghiale con polenta, selvaggina, salumi misti con torta fritta e il giovedì spalla cotta con polenta fritta e gorgonzola.
D’inverno, per riscoprire antichi sapori, non lasciatevi scappare un menù a base di maiale. Nel periodo estivo potrete gustare i piatti di “Gelsy” all’aperto nell’ampio porticato.

Attraverso il Parco dei Boschi di Carrega
Il Parco è situato sui terrazzi fluviali pleistocenici del fiume Taro e del torrente Baganza. Geologicamente è costituito da terreni autoctoni di origine continentale. L’altopiano è solcato da vari corsi d’acqua. Il paesaggio è caratterizzato da boschi misti di latifoglie e, soprattutto nelle fasce più esterne, dai seminativi della pianura e dai prati falciabili. Caratteristica peculiare del Parco è la presenza di specie legate all’ambiente montano (tipiche dei boschi di Faggio). Nell’ambito della fascia dell’alta pianura il territorio del Parco è senza dubbio la zona più ricca di specie vegetali in generale e di specie della flora spontanea protetta.

Sosta al castello di Felino
Costruito nel 890 dal Nobile Marchese Luppone venne ampliato e fortificato raggiungendo il massimo splendore alla fine del XIV secolo con Pier Maria dei Rossi, famiglia così potente da poter combattere con un Imperatore o trattare con un Papa.

Furono signori di Felino per 133 anni, contesi ed imparentati con le più importanti famiglie dell’epoca, quali i Gonzaga, i Pallavicino, i Visconti. Arrivarono a possedere oltre 40 tra rocche e fortezze ed il loro stemma era un leone rampante, segno di forza e di coraggio. Nel 1483 venne conquistato con l’inganno da Ludovico il Moro che ne fece spianare fino alle fondamenta tutte le fortificazioni e le cinta del castello. Il castello oggi conserva integro lo schema quattrocentesco di pesante e robusta costruzione con mura a picco e larghi parapetti bastionati che uniscono i torrioni. In quegli anni fu aggiunta una cappella ed un oratorio a San Pietro, tuttora esistente e affrescato con gli stemmi di vari casati che si succedettero; furono anche costruite, nel piano sotterraneo, le prigioni. In quegli anni fu spesso ospite del Castello il grande Giovanni Medici conosciuto come “Giovanni dalle Bande Nere”. Nel 1502 venne venduto ai Pallavicino per 15.000 ducati d’oro.

Poi vennero gli Sforza che dominarono sul Castello dal 1540 al 1600. Si succedettero varie famiglie nobili quali i Farnese, i Lampugnani, il Marchese du Tillot, fino ad arrivare ai Vescovi di Parma che lo tennero dal 1775 al 1935. All’inizio del secolo venne descritto dall’ultimo Vescovo che vi soggiornò “ridotto ad un mucchio di rovine, albergo di pipistrelli, di gufi e di topi.” Nel 1974 il Castello venne acquistato dagli attuali proprietari. Oggi, dopo oltre un ventennio di accurati restauri, si può ammirare in tutto il suo splendore. Suggestiva e potente è la sua illuminazione notturna al punto da essere visibile a chilometri di distanza. Alla fine del ‘700 la proprietà passa, per quasi due secoli, ai Vescovi di Parma che lo vendettero a famiglie private fino a che, nel 1974, fu acquistato dall’attuale proprietario che lo ha completamente ristrutturato. I lavori per portarlo al perfetto stato conservativo attuale sono durati 30 anni.

Sosta alla rocca di Sala Baganza
Adagiata sulle prime colline dell’Appennino, presso il torrente Baganza, ebbe un ruolo di primaria importanza nel sistema difensivo dei castelli parmensi.

Il topònimo “Sala” (di stampo longobardo ad indicare una residenza signorile) compare per la prima volta nel 995, mentre “Baganza” è stato aggiunto per decreto Reale del 5 Ottobre 1862. Di un “castellum de Sala” si ha notizia nel 1254 quando ne diviene signore, grazie al matrimonio con Adelmota Cornazani, Teseo o Tedisio Sanvitale. Nel 1477 Gilberto III Sanvitale ottiene autorizzazione dal Duca di Milano Gian Galeazzo Sforza di ampliare il suo “palatium” e lo trasforma in un possente quadrilatero, difeso da un ampio fossato. Gilberto IV, marito di Barbara Sanseverino, tra il 1564 e il 1578 fece decorare il tratto occidentale del piano nobile con la storia di Enea, il trionfo della Croce, i ritratti dei Cesari e le fatiche d’Ercole. Passata ai Farnese nel 1612, la Rocca di Sala viene scelta nel 1723 come dimora di Antonio Farnese che affida a Sebastiano Galeotti l’affrescatura con soggetti mitologico allegorici. Con l’avvento dei francesi napoleonici la Rocca e i terreni vengono assegnati al pinerolese Michele Varron che nel 1823 fa abbattere le ali sud, est e ovest, conferendo alla Rocca l’aspetto attuale.

La proprietà passerà successivamente ai Carrega, ai Magnani, ai Romani ed infine (1987) in parte al Comune di Sala Baganza. All’interno della Rocca si trova un Oratorio, tempio ad arcata unica di chiara impronta neoclassica incastonato nell’estremità nord-ovest dell’edificio. Fu edificato, su progetto dell’Architetto Luigi Feneulle, tra il 1793 e il 1795, per volontà del Duca Ferdinando di Borbone.
Oggi la Rocca ha l’aspetto di un lungo parallelepipedo delimitato agli estremi dai resti di due torrioni. Le sale, di recente sottoposte ad importanti interventi di restauro, mostrano preziosi affreschi e decorazioni, opere cinquecentesche di Orazio Samacchini, Bernardino Campi e Cesare Baglione.

Visita al Castello di Torrechiara
Torrechiara, frazione del comune di Langhirano, in provincia di Parma, è nota per l’imponente castello eretto da Pier Maria Rossi, conte di San Secondo fra il 1448 ed il 1460, a dominio della val Parma, e per una badia Benedettina del XV secolo. Oltre ad essere uno strumento di difesa, il castello fu concepito come elegante dimora per il conte e la sua amante, Bianca Pellegrini da Arluno, per la quale creerà al centro dell’edificio una splendida Camera d’Oro, decorata da Benedetto Bembo.
Il castello di Torrechiara presenta quattro torri di forma quadrata, collegate fra loro da una doppia cinta di mura merlate, che circoscrivono un cortile rettangolare, detto Cortile d’Onore.

  • La torre di S. Nicomede si trova sopra l’omonima cappella. Sorvegliava la pianura verso Langhirano.
  • A ovest si trova la torre del Giglio. Così detta perché vi si trova lo stemma nobiliare di Bianca Pellegrini.
  • La torre della Camera d’Oro è orientata ad est. Al suo interno vi è la splendida Camera d’Oro, nido d’amore dei due amanti.
  • A nord, la torre del Leone (mastio). È la più alta di tutte e prende il suo nome dallo stemma nobiliare dei Rossi.

L’interno è ricchissimo di sale sontuosamente affrescate principalmente a temi naturalistici, fantastici e a grottesche. I nomi delle sale richiamano il tema principale dell’affresco.
Al piano terreno si trovano: Sala di Giove, Sala del pergolato, Sala della Vittoria, Sala degli Angeli, Sala del Velario, Salone degli Stemmi.

Allo stesso piano vi è inoltre l’oratorio di S.Nicomede, utilizzato come cappella di palazzo da Bianca Pellegrini e Pier Maria Rossi e nel quale poi verranno seppelliti.
Al primo piano invece oltre al grande Salone dei Giocolieri, si trova la Camera d’Oro che celebra l’amore fra Bianca Pellegrini e Pier Maria Rossi.

E’ l’ambiente più conosciuto del castello e uno dei più alti esempi di camera votiva ed erotica in Italia. In essa si celebrava lo splendore dell’oro presente nelle formelle, nelle foglie e nella trapunta del letto. Una ricostruzione della Camera d’Oro, realizzata per l’esposizione etnografica che si tenne a Roma nel 1911, si trova oggi sul lato opposto del Salone dei Giocolieri, sotto la torre del Leone.
Il ciclo di affreschi nelle lunette, raffigura Bianca Pellegrini che percorre i feudi e i castelli dei Rossi, alla ricerca dell’amato ed è attribuito a Benedetto Bembo. La Camera d’Oro si apre su un grande e panoramico loggiato risalente alla fine del XVI secolo.

Leggende
La leggenda vuole che nel castello di Torrechiara, durante le notti di plenilunio, in cui la nebbia avvolge il castello, appaia il fantasma di una bellissima duchessa, murata viva dal marito, che vaga nella torre del maniero offrendo baci appassionati agli uomini che la incontrano.

Curiosità
È senz’altro il castello più spettacolare, internamente ben conservato e ricco di atmosfere della provincia di Parma ed è sede di numerosi spettacoli estivi tra i quali, il Festival di Torrechiara “Renata Tebaldi”.
E’ stato inoltre usato come set cinematografico di film come Ladyhawke di Richard Donner, interpretato da Michelle Pfeiffer, Matthew Broderick e Rutger Hauer.

La fortezza dal cuore affrescato sorge “altiera et felice”, costruita tra il 1448 e il 1460 dal Magnifico Pier Maria Rossi, esempio tra i più significativi e meglio conservati di architettura castellare italiana. La funzione difensiva è attestata da tre cerchia di mura e da quattro torri angolari, la destinazione residenziale è provata dalla ricchezza degli affreschi a ‘grottesche’ di Cesare Baglione. Straordinaria è la “Camera d’Oro”, attribuita a Benedetto Bembo, per celebrare, ad un tempo, la delicata storia d’amore tra Pier Maria e Bianca Pellegrini e la potenza del casato attraverso la raffigurazione di tutti i castelli del feudo.

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